Come comporre una filosofia su misura per noi
Ognuno di noi ha una propria visione della vita, un proprio sistema di valori. È qualcosa di simile ad un sistema filosofico, più o meno consapevole e più o meno stabile nel tempo. Attraverso questa lente vediamo le cose, e spesso pecchiamo di presunzione scambiando il nostro punto di vista soggettivo con la realtà stessa. Alla formazione di questo “errore” ha certamente contribuito il fraintendimento del pensiero scientifico, che per sua stessa natura postula una realtà oggettiva.
Il pensiero e la ricerca scientifica hanno messo il volano alla tecnologia e hanno creato il mondo come lo conosciamo oggi, nel bene e nel male (i vantaggi, a mio avviso, superano gli svantaggi), e per questo non ha senso una condanna nostalgica di un mondo pre-scientifico. Nessun artigianato empirico, senza l’ausilio della fisica, della matematica e dell’applicazione di queste discipline nella tecnologia, avrebbe potuto produrre grattacieli, navicelle spaziali, dispositivi elettronici incredibili che hanno migliorato la vita da molti punti di vista.
Ebbene, la scienza è possibile solo su determinati presupposti filosofici. In altre parole, spesso inconsapevolmente, sono specifiche posizioni filosofiche che rendono possibile il fare scienza. Se lo scienziato è convinto di poter studiare la realtà, comprenderla e in certi termini modificarla e utilizzarla per i suoi scopi, ha già abbracciato una visione “realista” del mondo, vale a dire un certo tipo di visione filosofica del mondo invece di un’altra. Nello studiare un fenomeno e produrre scienza devo avere un’impostazione di questo tipo: là fuori, oltre le mie idee e la mia coscienza, esiste un mondo reale che non dipende solo dal mio modo di conoscerlo e su cui posso operare. Sto poi presupponendo che vi sia almeno una certa corrispondenza tra come e cosa conosco, e il mondo come è in sé, altrimenti starei operando alla cieca e non otterrei nessun risultato.
A noi oggi sembra scontato pensare al mondo come ad un insieme di eventi e oggetti dotati di una loro esistenza oggettiva, come qualcosa che esiste là fuori di noi, ma altre epoche e altre culture, adottando visioni filosofiche radicalmente diverse, hanno concepito la realtà in termini molto meno netti e non hanno prodotto la scienza nel senso in cui la intendiamo noi.
La filosofia, rispetto ad altre forme di pensiero, è consapevolmente provvisoria. Se la scienza – che come dicevamo si basa su certi presupposti filosofici – considera vere certe cose fino a che nuovi fatti e nuove teorie non le smentiscano – la filosofia vive consapevolmente una situazione di caos e di pluralismo.
Infatti, percorrendo un qualsiasi libro di storia della disciplina, ci si può rendere conto che una nuova dottrina filosofica non è per forza sostitutiva delle precedenti. È semplicemente un nuovo punto di vista. Magari più efficace secondo i parametri del tempo e più rispondente alla sensibilità della nuova epoca in cui è comparsa, ma pur sempre “vera” solo provvisoriamente e non in assoluto.
Un altro effetto che questa successione di verità “multiple” può suscitare nel lettore e nello studente di filosofia, è quello di trovarsi d’accordo, via via che scopriamo il pensiero di un autore e poi di un altro, con varie filosofia, a volte diametralmente opposte e in contraddizione tra loro! Questo non è dovuto solo alla capacità retorica degli autori, quanto a quello che dicevamo prima: esistono visioni diverse e “verità” diverse. E qui non stiamo parlando in un relativismo spicciolo.
Ma a cosa ci serve questo magma indefinito, se per i filosofi è vero tutto e il contrario di tutto? Il fine principale che ci poniamo qui non è certo quello di spingere a fondare nuove dottrine filosofiche (ma non è escluso, ognuno di noi seguirà la propria indole), quanto l’idea di trarre l’utile da quello che è stato detto nel passato. E il bello in tutto questo è che non siamo obbligati a scegliere! Non siamo obbligati ad abbracciare il pensiero di un filosofo, di una certa corrente o di una certa epoca, ma siamo nella posizione vantaggiosa di poter saccheggiare liberamente da tutta la storia del pensiero che ci ha preceduto.
Le forme di pensiero eclettico non sono certo una novità. Nella Roma di Cicerone, ad esempio, dominava nella classe senatoriale e degli intellettuali una forma di eclettismo filosofico. Si facevano proprie quelle parti delle filosofia precedenti (soprattutto Stoicismo ed Epicureismo) che sembravano rispondere meglio alle esigenze degli uomini e della società del tempo.
Anche oggi, aspirando almeno ad una certa coerenza e ad un’idea “debole” di verità (che pure in qualche mondo va tenuta presente), ma perseguendo più l’efficacia che l’uniformità, il caos e il pluralismo di una visione filosofica eclettica possono risultare incredibilmente utili e potenti.