L’India, il Cosmo, gli dei

Note su Hinduismo (a cura di G. Filoramo)

hinduismo.jpgL’india è ben più di una nazione o di uno stato. È un intero mondo. Tutte le civiltà che si sviluppano su ampi spazi terrestri, tra cui la Cina e in misura inferiore l’Occidente europeo, tendono a considerare se stesse come il centro della storia. L’india non fa eccezione. Ma il sub-continente indiano è anche un enigma per gli occidentali. Pare tanto lontano e diverso, eppure la sua cultura è strettamente imparentata con la nostra. Non a caso, da un punto di vista linguistico, la lingua conosciuta come Hindi-Urdu, parlata in Pakistan e in gran parte dell’India, fa parte della grande famiglia linguistica indoeuropea, la stessa a cui appartengono lingue come italiano, tedesco, norvegese, e quasi tutte le lingue d’Europa. Fu nel corso dell’Ottocento che gli studiosi si accorsero dell’incredibile somiglianza tra sanscrito (la lingua da cui deriva l’Hindi-Urdu e altre lingue indiane) e il latino.*

Come mai, allora, la civiltà indiana e i tratti somatici degli indiani sono così differenti da quelli europei? Della cultura parleremo tra poco. Per i tratti somatici basti dire che secondo gli studiosi la lingua di tipo indoeuropeo deriva da un popolo invasore (di tipo fisico-antropologico bianco), gli Ariani, che nel II millennio a.C invase il subcontiennte indiano, mescolandosi con il tipo antropologico australoide (da qui la varianza di carnagione tra l’India del sud, più scura, e del centro-nord, più chiara e mescolata con la discendenza degli ariani).

Seppure la cultura indiana dominante (quella che si riconosce nel cosiddetto Hinduismo) appare così distante dalla nostra, gli antropologi e i linguisti hanno notato una base mitica e una struttura sociale antica, comune e che deriva proprio dal ceppo indoeuropeo che condividiamo con gli indiani.

Sono queste le premesse da cui parte l’utilissimo manuale edito alcuni anni fa da Laterza, Hinduismo, a cura di Giovanni Filoramo, e scritto dagli autori Carlo Della Casa, Stefano Piano e Mario Piantelli.

Non fatevi ingannare: il libro, pur in versione economica e costituito da un numero non eccessivo di pagine, è un vero e proprio saggio introduttivo, scorrevole, ma dettagliato e a tratti persino accademico. Il volume, infatti, non presenta una sequenza schematica di divinità, usi e costumi basandosi sull’Hinduismo moderno, ma analizza l’origine della religione indiana (rintracciabile nei Veda, i più antichi scritti in una lingua indoeuropea risalenti addirittura al XX secolo a.C.), gli scritti, le scuole, i rituali e le forme di devozione dell’Hinduismo storico.

Non manca una ricchissima cosmogonia: i miti sull’origine e il funzionamento del mondo sono di una ricchezza immaginativa unica, molto più complessa e variegata, ad esempio, della mitologia greco-romana o germanica. Costituiscono, insieme all’arte prodotta nei templi, il lascito più affascinante di questa religione.

Perché, però, associare religione e cultura, quando è noto che in termini antropologici la religione è solo una parte della cultura di un popolo? Perché in India, come successe per altre civiltà, la religione contenne in sé, a tratti però emancipandosene, la speculazione filosofica, le riflessione linguistica, l’arte e la letteratura.

Per lo più sconosciute al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, la storia della scienza, della filosofia e della linguistica indiane raggiunsero vette del tutto analoghe a quelle toccante nell’antica Grecia, a Roma e nell’Europa medievale. Vi fu, se mai, il mancato distaccamento definitivo dal pensiero teologico-religioso, come avvenne in Occidente in epoca umanistica e che permise poi la nascita del pensiero scientifico.

Tornando al nostro libro, il manuale curato da G. Filoramo ci parla certamente anche di Dei (tra tutti Shiva e Vishnu), ma mettendoci in guardia. L’Hindusimo non è un insieme ordinato e stabile di divinità e di credenze, non è una “religione” come la intendiamo in senso stretto, è piuttosto una serie di scuole anche indipendenti che, a seconda del periodo e della propria storia, privilegiano una versione del mito o una divinità, piuttosto che un’altra. Ma su uno sfondo comune (soprattutto rituale), e attraverso una rete che collega lo spazio e il tempio, i culti e i luoghi dedicati a diverse divinità. Un intero mondo, come dicevamo all’inizio, che vale la pena di essere conosciuto meglio.

*Riflessioni sull’indoeuropeo e l’invasione ariana del subcontinente indiano aggiunte da chi vi scrive, non tratte dal libro oggetto dell’articolo.

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