Note sul libro L’erotismo di Francesco Alberoni (Garzanti 1986)
Quando si scrive “fiction” immedesimarsi nel punto di vista di un personaggio è fondamentale. Tanto più se quel personaggio è molto diverso da noi. Con questo ammonimento nella mente, stavo cercando materiale sul tema dell’erotismo visto da un punto di vista femminile, per evitare di mascolinizzare personaggi che di femminile potrebbero avere solo il nome e le sembianze, ma non l’interiorità. Mi sono così imbattuto in un vecchio libro del sociologo Francesco Alberoni, uno di quei libri che non ho acquistato, ma che ho ereditato per vie traverse. Il libro si intitola appunto L’erotismo, ed è stato pubblicato da Garzanti nel 1986. La mia versione “ereditata” è una riedizione di Euroclub di un paio d’anni dopo, con una copertina e una grafica tipiche di quell’epoca.
Ricordo che Alberoni fu spesso autore di best seller nella categoria dei saggi divulgativi, a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Pare che i suoi libri fossero spesso accompagnati da polemiche da parte degli esperti, i quali accusavano Alberoni di mescolare troppe banalità alle sue osservazione che avrebbero dovuto avere un contenuto scientifico. Complice anche un atteggiamento non troppo modesto del nostro autore (stando ai commenti e ai pettegolezzi dell’epoca).
La lettura di questo libro a fini documentari, infatti, mi ha lasciato più che altro pieno di dubbi, e – forse influenzato dalle polemiche di allora – anche io ho notato che accanto ad alcune (poche) considerazioni che paiono aggiungere qualcosa al tema, ragionevoli e ponderate, il libro fosse pieno di luoghi comuni e in definitiva un semplice ammiccare a un pubblico femminile attraverso frasi ad effetto condite troppo spesso di belle parole.
Come lettore, tuttavia, cerco sempre di essere clemente con gli autori, siano essi scrittori di letteratura o di saggi, e tento quindi di trovare il lato positivo di un libro che comunque ha comportato fatica e impegno da parte di chi l’ha scritto.
Al di là di questo intento politicamente corretto, c’è veramente nel libro di Alberoni una considerazione sull’erotismo femminile che mi pare uno spunto utile. Alberoni ci spiega una cosa che sappiamo tutti, vale a dire che la sessualità maschile è molto concentrata in area genitale e che il suo rapporto con l’affettività e i sentimenti non è così forte come lo è nelle donne. Difficile – aggiungo io – capire dove stia l’influenza sociale e cultuale e l’influenza biologica nel condizionare uomini e donne. Il dato interessante suggerito da Alberoni è che quello femminile sia un erotismo “globale”. Non ricordo se l’autore usi proprio questo termine, ma il concetto è comunque quello. Essendo un approccio soprattutto relazionale, anche nel rapporto col piacere derivato dalla sessualità, la donna ha necessità di relazione. Una relazione nel senso generico di rapporto tra più elementi, non nel senso di rapporto continuativo con una persona (es. matrimonio e affini). Aggiungo io una metafora che potrebbe illustrare il concetto come l’ho inteso io: la sessualità e l’erotismo maschile sono focalizzati, la sessualità e l’erotismo femminile sono diffusi, come una nube che, anche se ha una sua massa riconoscibile, sfuma piano piano verso l’esterno, senza che risulti chiaro dove si pongono i suoi confini.
Queste considerazioni vengono espresse in modo poco lineare e, come dicevamo prima, condite di tanti di quei luoghi comuni da rendere la lettura a tratti stucchevole, ma mi sono parse almeno “antropologicamente” fondate.
Seguendo una direzione interpretativa tutta di chi vi scrive e assente nel libro di Alberoni, non ho potuto fare a meno di constatare che i miti che riguardano il femminile (generativi, creazionali, riguardanti la terra e i cicli vitali delle stagioni) rappresentano spesso figure femminili che hanno esattamente un approccio “globale” con il mondo, anche e soprattutto negli ambiti, metaforici o meno, della sessualità delle divinità femminili.
Non sappiamo, però, se venga prima l’uovo o la gallina, ovvero se l’idea di un erotismo (e quindi di un rapporto col mondo) al femminile appaia “globale” per l’influenza della stratificazione culturale e di quel processo di simbolizzazione che le società umane tendono a formare nel tempo, o se al contrario quella rappresentazione sia biologicamente motivata.
Forse, leggendo, si finisce per trovare spunti che abbiamo già dentro di noi. Anche la conoscenze, in fin dei conti, è relazionale, si costituisce tra ciò che ci viene detto e ciò che già si trova dentro di noi.