Qualche estratto del libro (in bozza) “Hong Kong, l’anima di una città incredibile”, di prossima uscita
[…] Intenzionato a scoprire la vera anima della città, imbocco Nathan Road verso nord con l’idea di percorrerla per un tratto e poi deviare verso nord-ovest, e arrivare così al distretto di Sham Shui Po. È lì che si trovano i mercati rionali più vivaci di Hong Kong, ed è lì che, a quanto pare, non troverò traccia di stranieri occidentali e di turisti. La vita vera, insomma, quella che sto cercando. Alla fine, avrò vagato per la vecchia Hong Kong per circa otto ore, e tornerò esausto al mio hotel, ma entusiasta per l’umanità riscoperta, con immagini vere e piene di vita negli occhi. Continua a leggere “I mercati di Sham Shui Po”
Ricordo che la prima volta che mi capitò sotto gli occhi la cosiddetta “ipotesi Sapir-Whorf” (che, semplificando, sostiene che la struttura della lingua che parliamo influenza profondamente il nostro modo di pensare e percepire il mondo) fu verso la fine degli anni Novanta, per un corso di “filosofia teoretica”. Il docente era una specie di decostruzionista-terzomondista piuttosto alternativo, e ci diede una delle più fitte ed interessanti liste di libri da studiare rispetto alla maggior parte degli altri insegnamenti universitari che ricordo allora. Quel modo di vedere contraddizione e relativismo in chiave diversa, sotto un punto di vista sostanzialmente positivo, mi stava simpatico già da allora, e penso di non averlo mai abbandonato. Va detto che mi suonava già familiare, visto l’interesse che mi portavo dietro dall’adolescenza per cose che forse non capivo perfettamente, come la spiritualità indiana, il buddismo e altre cose di quel tipo.
Una letteratura “facile”, che suoni sui tasti di una comprensibile emotività e che si sviluppi in una trama avvincente, non è da biasimare. Fa il piacere della lettura e, qualche volta, produce anche opere destinate a restare. Quelle che, decenni o secoli dopo, definiremo “capolavori”. Tuttavia, è esistito ed esiste anche un modo di scrivere che nasce prima della necessità di piacere a un “pubblico”, che poi sono i lettori (necessità legittima, l’ho capito anche io, finalmente). Quel tipo di letteratura era possibile solo prima che si sviluppasse il “mercato editoriale”, un meccanismo socio-economico che ha portato il libro a diventare anche, se non soprattutto, prodotto, con tutte le logiche, positive e negative, che questo mutamento ha comportato. Tutta questa premessa per dire che le opere dell’autore di cui si vuole parlare qui, Natsume Sōseki (
ltre cinquecento pagine fitte di storia del pensiero, ma anche di minuziosi analisi antropologiche sul sostrato mitico-religioso autoctono del Giappone. È il contenuto del libro di Massimo Raveri, Il pensiero giapponese classico (Einaudi, 2014). Massimo Raveri è uno dei più noti specialisti di spiritualità e pensiero orientale, ed è docente di Religioni e Filosofie dell’Asia Orientale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il suo testo è un riferimento per il settore, e tra le pagine del libro si trova qualcosa di più della sola storia del pensiero. Raveri ci conduce in un viaggio in cui pensare, credere e vivere sono perfettamente integrati, visto che i confini tra queste sfere dell’esistenza in Asia sono certamente meno sfumati che in Occidente. Almeno in epoche premoderne.