La Vegetariana, romanzo della coreana Han Kang
Non sappiamo perché, ma dai coreani ci aspettiamo stranezze e le tolleriamo. Anzi, per questo li amiamo. “Stranezze”, si intende, dal nostro punto di vista. Dobbiamo scomodare la categoria del grottesco per definire serial coreani come Squid Game, la pellicola Premio Oscar Parasite, e altri prodotti che ci provengono da quel paese. Una sensazione analoga coglie il lettore del romanzo breve La vegetariana, della scrittrice coreana Han Kang. Ma la gamma di sensazioni ed atmosfere che l’autrice è capace di costruire in poche pagine, ci fa dimenticare in fretta l’etichetta di grottesco appena evocata, e ci lascia smarriti, con la sensazione di non sapere cosa abbiamo realmente letto: un horror? Un romanzo erotico? Un romanzo esistenziale sul significato della vita e il valore della libertà individuale? Tutte queste cose insieme. Tra l’altro, un esperimento che il lettore può fare per cogliere il valore universale di un’opera, – in altri termini di capire se si sta parlando ad un pubblico universale, – è quello di asportare artificialmente e simbolicamente quegli elementi che calano la narrazione in uno specifico contesto sociale, culturale, storico e linguistico. Se effettuata questa azzardata operazione di asporto, quello che ne rimane è un messaggio, un insieme di sensazioni e suggestioni ancora vive, l’opera ha un valore intrinseco, oltre quegli elementi che, comunque essenziali, non la definiscono per intero.
Un uomo mediocre. Felice della sua mediocrità. Sceglie una moglie mediocre, passiva, che non ha niente di eccezionale. Una notte, però, la giovane e remissiva Yeong-hye viene sorpresa dal marito al buio, vestita con una camicia da notte bianca, in piedi davanti al frigo, in silenzio. I capelli spettinati le calano sul viso. “Ho fatto un sogno”, sussurra. Un’atmosfera inquietante che rievoca pellicole horror asiatiche già famose qualche decina di anni fa.
Yeong-hye diventa vegetariana, non per scelta ambientalista, animalista o per altri motivi, ma per via di quei sogni cruenti che la tormentano. La trasformazione psicologica della ragazza è rapida e spaventosa: si fa indifferente, ma serafica, come rapita da una qualche estasi. Il marito comincia a guardare con sgomento e paura quella donna che, in fondo, disprezzava e riteneva insignificante. I silenzi della donna si fanno sempre più enigmatici.
Il clima cambia ancora. Dopo vicende che il lettore dovrà scoprire da sé, il timbro si sposta verso l’erotismo. È il cognato di Yeong-hye, video-artist fallito, a sceglierla come pretesto per posare come modella, ad insaputa di sua moglie, sorella di Yeong-hye. Pretesto perché in realtà l’uomo ha sviluppato un’ossessione erotica nei confronti della cognata, la quale, da parte sua, affronta la cosa sempre con quell’aria di santa mistica rapita da un mondo che sta altrove.
Terzo ed ultimo “sfondo” emotivo del libro: la malattia e la sofferenza. Sono passati alcuni anni. Protagonista di questa toccante parte finale – ma coprotagonista in tutto il libro fin dall’inizio -, è la sorella maggiore In-hye, alle prese con la gestione della sorella che sprofonda sempre più in una dimensione di sofferenza anche fisica. Non mangia più, dice di aver bisogno solo di sole e acqua. La ragazza sta tentando di trasformarsi in un vegetale. Ma definirla pazza è problematico. E qui ci fermiamo sui dettagli della trama, per ovvi motivi.
Tralasciando per un attimo la seriosità delle categorie critiche, mi limito a dire che ho trovato questo libro decisamente bello. Non è un libro che diverte, che intrattiene. È un libro che disorienta. Cosa ci vuole dire Han Kang? Quel è il significato della trasformazione interiore ed esteriore di Yeong-hye verso l’apparente follia e la sofferenza che lei stessa ha scelto? Ci appare ben chiaro che il significato va ben oltre il fatto puramente “psichiatrico” della vicenda. È questa indeterminatezza, questa capacità di dare una sfumatura allegorica a vicende assolutamente concrete e anche verosimili, che rende La Vegetariana un libro di valore. Una delle chiavi di interpretazione che l’autrice sembra suggerire, è quella della libertà di scelta in opposizioni ad una vita di convenzioni. Ma Han Kang, da buona coreana, accenna solo a questa inquietante domanda: sono libera di condurre la mia vita anche verso la follia, se è una mia libera scelta? Ma non cercate risposte. Questo libro non ve ne darà.
Hans Kang, La vegetariana, Adelphi 2016. Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra.
Il libro si trova anche in edizione economica (10,00 €).