L’asfissia de “Gli indifferenti”

Note sul romanzo di Alberto Moravia

MoraviaLa mia copia de Gli indifferenti di Moravia emana un forte odore di carta vecchia. Compirà, a breve, cinquant’anni (la mia copia, non il romanzo). La vecchia edizione presenta una copertina di finta pelle rossa, un tascabile Fabbri Editori piuttosto brutto (anche se qui allego un’edizione diversa). Ma il testo è quello, fa il suo dovere: il romanzo del grande scrittore, un tempo tanto noto, oggi quasi dimenticato. Moravia è però tornato sulla bocca dei suoi connazionali di oggi per un breve momento; grazie alla scelta di un titolo che lo riguardava all’esame di maturità di quest’anno. È stato un piccolo scandalo (di sapore piccolo-borghese e provinciale, come molti dei suoi personaggi): chi mai arriva a concludere il programma scolastico fino a questo punto, fino al Novecento inoltrato? Una traccia inutile, dunque. I nostri studenti neppure sanno chi era il povero Moravia. Eppure, per anni, non è stato solo l’emblema dello scrittore, ma anche dell’intellettuale impegnato, amico di Pasolini, prolifico scrittore di opere allo stesso tempo profonde, ma anche divertenti, a loro modo. Da “letteratura di consumo”.

Se si è stati iniziati alla lettura di Moravia con le sue opere più recenti, questa sensazione sarà confermata: un autore moderno, ambiguo, che tratta dei mali dell’uomo contemporaneo, ma scorrevole, fresco. Un “esistenzialista” ormai fuori moda, ma sempre “a tono” a suo tempo. Invece, di quei suoi “indifferenti”, tanto decantati, rimane un qualche dubbio in più. “Di romanzo già maturo per uno scrittore poco meno che ventenne”, si diceva allora. Erano gli anni Trenta. Ed era vero, per l’epoca. Se tutti scrivevano con una bella prosa, tutta merletti e arcaismi stile fascista, il Moravia giovanotto usava un italiano più vicino alla lingua parlata. Eppure, non sembra a leggerlo ora. Certo, la lingua è invecchiata insieme al libro.

E poi c’è un elemento che non saprei dire se è “difetto” o “pregio” del romanzo moraviano. Una chiusura, un orizzonte limitato, quasi teatrale, un’atmosfera asfittica: pochi personaggi, pochissimi (cinque) e poche “scenografie”: la casa della giovane vedova Mariagrazia e dei due figli, Michele e Carla, la casa dell’amica Lisa, e infine la casa del ricco amico di famiglia, Leo Merumeci. Tutto qui. Trecento pagine tutte che si svolgono, come a teatro, su quinte fisse e in fitti dialoghi tra questa manciata di personaggi. Da un lato, se ne ricava una sensazione di limitatezza espressiva, stilistica. Moravia era forse troppo giovane per padroneggiare narrazioni di lungo respiro, viene da pensare. E invece, è quell’atmosfera asfittica, chiusa, ad essere funzionale al romanzo. Gli indifferenti del titolo sono i giovani Michele e Carla, cresciuti in un ambiente benestante, ma meschino e chiuso, pieno di apparenze vacue, in mezzo a persone che paiono più personaggi e maschere che individui in carne e ossa; e anche per questo hanno maturato un senso prematuro di stanchezza per la vita.

La quotidianità si fa dramma accennato, e poi vira verso la farsa patetica. Tutto sembra correre verso la tragedia, e poi sfuma in un nulla di fatto. Il lettore sorride beffardo: “che pagliacci patetici”, pensa. .Allora quella costrizione narrativa torna ad avere un suo perché. Quali grandi affreschi narrativi vuoi presentare al lettore, se per raccontare l’ambiente provinciale dei tuoi patetici personaggi sono sufficienti due stanze, tre strade, un’automobile?

Gli indifferenti, come dicevamo, è invecchiato nel linguaggio, anche se appariva moderno nel 1929. E, ironicamente, la mia edizione vintage rende questa caratteristica ancora più evidente. Tuttavia, il romanzo non è invecchiato nella sostanza di fondo. Le grandi narrazioni, le grandi illusioni, sono finite da un pezzo. Chi sa in cosa sperare, ha tutta la nostra invidia. L’alternanza degli entusiasmi e delle ansie del nuovo millennio non hanno cambiato di molto la nostra condizione. Siamo rimasti, tutti quanti, dei disillusi. Degli indifferenti.


L’edizione corrente del romanzo di Moravia è quella Bompiani, che potete trovare qui.

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