Mazzini e una Letteratura d’Europa

Uno scritto del 1829 del pensatore risorgimentale

MazziniNel 1829 sull’Antologia di Firenze uscì un lungo articolo di Giuseppe Mazzini dal titolo programmatico: D’una letteratura europea. Il tono schiettamente giovanile e romantico dell’articolo non era però tale da pregiudicare una visione organica e ambiziosa di una cultura, quella europea, concepita con largo anticipo come unitaria e specchio di una comune civiltà. Mazzini giungeva alle sue considerazioni finali attraverso l’esposizione dei tratti salienti della storia europea. Pur innestandosi su una filosofia della storia di stampo tardo-romantico (lo sviluppo del “genio” dei popoli, la storia come processo di progresso tra avanzamenti e arresti), l’impianto interpretativo di Mazzini coincideva con quanto ancora oggi apprendiamo nelle scuole, rivelando così nella visione Mazziniana un approccio decisamente moderno. Ma entriamo nel merito.

Questo scritto mazziniano, trovato per caso in una miscellanea di suoi scritti, viene a confermare quella visione idealmente unitaria della cosiddetta World literature, (argomento su cui spenderò parole in un articolo dedicato) anche se l’approccio mazziniano risultava essere “solo” europeo. Se si pensa, tuttavia, che la conflittualità del nostro continente nell’epoca di Mazzini era endemica e distruttiva, e lo fu fino alla fine del secondo conflitto mondiale, si capisce quanto quella proposta fosse ispirata da un intimo ottimismo.

La Letteratura per Mazzini deve avere funzione civile e politica in senso lato. Non lo si intenda in senso moderno (vale a dire partitica), ma piuttosto come promotrice di sviluppo e progresso, libertà e umanità.

Mazzini individua nel percorso storico dell’Europa il progressivo formarsi di una civiltà comune che oltrepassa le differenze nazionali. Ma non si tratta di un globalismo ante litteram, quanto della constatazione (ancora una volta modernissima se si pensa al motto dell’Unione Europea) che diversità e unità non sono antitetici.

Di grande interesse è la visione delle diversità nazionali, attribuite antropologicamente a diversità “politiche” (si legga “culturali”), e non naturali. Lo spirito nazionale, se inteso come qualcosa di assolutamente originario e irriducibile, diverrebbe quindi un fantasma senza essenza, un puro strumento di propaganda e di chiusura. Al contrario, ci suggerisce Mazzini, la sacra indipendenza politica che ogni popolo ha il diritto di perseguire, non contrasta per niente con l’unità morale dei popoli d’Europa.

Con quell’afflato utopico che lo contraddistingue, Mazzini scorge negli ultimi secoli una necessità diffusa di fratellanza europea, occultata però da guerre fatte in nome di pochi: una concordia di bisogni e desideri che è “europea” proprio perché sviluppatasi in un contesto storico-geografico molto più omogeneo di quanto non appaia.

Ma perché ascrivere proprio alla Letteratura un ruolo di guida nella formazione di una cultura europea? Mazzini ci dice che l’uomo sociale in azione, ovvero quel processo di sviluppo delle capacità umane ordinate ad un fine, dipende “dall’eccitamento”, dalla tendenza di passioni umane universali che proprio una Letteratura Europea che oltrepassi le artificiose divisioni nazionale può mantenere e dirigere. Intelletto ed entusiasmo insieme, auspica il pensatore risorgimentale, così che letterato e filosofo si fondano in una figura unica.

Mazzini conclude senza aver la pretesa di fornire principi normativi a questa Letteratura d’Europa. Basti che la Letteratura si faccia strumento di unione e concordia, e che, nei simboli e nelle allegorie dell’arte, mostri le passioni universali (positive e negative), così da rendere chiaro al lettore che ognuno è capace di identificarsi nell’umano.

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