Note su Gli antenati di Adam Mickiewicz
Non tutti sanno che Adam Mickiewicz è il “Dante” polacco, se è lecito usare questa espressione. Mickiewicz, infatti, occupa nella considerazione della critica e dell’opinione pubblica del paese slavo lo stesso ruolo che il nostro poeta fiorentino occupa nella letteratura italiana: quello di maggiore autore. Ma mi sia consentita una riflessione preliminare a questo proposito, anche a corollario di una precedente nota su una letteratura d’Europa (che si può leggere qui). Fuori dagli universi linguistici noti (per lo più il nostro e quello anglofono, al massimo dei “vicini più vicini”), quanti lettori conoscono il “Dante” dei nostri partner europei? Chi è il “Dante” ceco, romeno, bulgaro, olandese? Escludendo una sparuta cerchia di specialisti, è probabile che questo dato sia poco noto fuori da uno specifico contesto linguistico e culturale. Non dico la conoscenza o la lettura delle opere, ma neppure i nomi di queste figure sono patrimonio comune della cultura europea. Ecco anche il senso di conoscere ciò che sta oltre un terreno battuto: contribuire a creare una cultura veramente europea.
Tornando alla nostra Polonia, il grande poeta slavo è talmente snobbato da comparire solo in edizioni di editori secondari e datate, salvo qualche eccezione.
Una delle opere principali di Mickiewicz (leggete Mizkievic, con “c” finale di “ciao”), è costituita da Gli antenati, tradotto anche come Gli Avi (Dziady). L’opera prende lo spunto da un rito di origine pagana che celebrava una sorta di giorno dei morti. Si tratta di un’opera poetica, ma di gusto veramente strano per il palato moderno. Proprio per questo, però, intrigante.
Contesto: siamo in piena burrasca romantica. Il ruolo dei letterati nella Polonia sottomessa e spartita tra Impero Russo e tra varie realtà istituzionali di lingua tedesca, è quello di rappresentanti delle comunità nazionale che combatte, anche a suon di letteratura, per una propria indipendenza. Una poesia appassionata e carica di suggestioni religiose e simboliche che si mette al servizio della causa per l’indipendenza. E Mickiewicz è uno dei principali sacerdoti di questa “religiose salvifica”.
All’inizio una scrittura spezzettata e confusa quasi confonde il lettore (pare, complice anche la traduzione di una delle più diffuse edizioni italiane, ma il dato fondamentale rimane).
Protagonista del libro è un titano romantico in tono minore: Gustaw si dibatte in vicende che paiono personali, ma che appaiono circonfuse fin da subito di un alone allegorico e mistico. Leggendo Gli antenati pare di partecipare ad un rito, ad una liturgia. A questa prima parte dal sapore più gotico e meglio riuscita, seguono altre tre parti, anche differenziate nella cronologia di composizione nella vita del poeta; ma sempre velate di esoterismo filosofico. In tutte un filo rosso che conduce: mondo soprannaturale e vita terrena comunicano. Il mondo immateriale, veicolato dall’immaginazione popolare e contadina di questi antichi riti, ha una diretta influenza sul mondo degli uomini.
Come in tutti i poemi romantici che si rispettino, è la disperazione d’amore del protagonista Gustaw ad innescare l’azione, se così si può definire. Ma questo fatto di carattere quasi prevedibilmente umano, finisce per assumere la carica allusiva di ben altra portata di cui parlavamo sopra. Si susseguono comparse di spiriti di morti, e le allusioni trasfigurate alle questioni dell’indipendenza polacca non sono poche.
C’è un’espressione non molto amata dai polonisti: “triade romantica” o “i tre bardi”. Questa formula viene talvolta impiegata per riferirsi a tre poeti polacchi di grande importanza per la storia letteraria di questo paese: Adam Mickiewicz (1798–1855), Juliusz Słowacki (1809–1849) e Zygmunt Krasiński (1812–1859). Proprio in epoca romantica, infatti, la letteratura polacca assume una dimensione europea, e il ruolo di questi poeti è fondamentale in questo processo.
Quel clima di cui abbiamo parlato sopra, quasi “liturgico” – e certamente fatto di suggestioni spirituali, – è comune a tutta l’epoca e, in modi diversi, a tutti e tre questi importanti autori. Si tratta di una sfumatura peculiare. Se si pensa infatti al romanticismo “sepolcrale e notturno” inglese, o alle suggestioni dell’antichità e del mondo germanico pagano nel romanticismo tedesco, questa versione polacca si connota allo stesso tempo come una poesia dal timbro originale e autoctono, ma inserita in una temperie comune e innegabilmente europea. Comunanza nella diversità che poi si manifesta spesso nella cultura europea.
A. Mickiewicz, Dziady, La Fenice , 2006. M. Spadaro (Curatore), A. Ungherini (Traduttore)