Sai come si dice ciambella?

Quando si parla in una lingua straniera il passaggio di codice non è immediato

ConversazioneSe vi interessa lo studio delle lingue straniere, e se avete raggiunto una prima capacità comunicativa di uso indipendente in una lingua diversa dalla vostra lingua madre, avrete certamente notato un fenomeno psicologico: il tempo necessario per “il mutamento di codice”. In inglese questo fenomeno linguistico è detto code-switching. Ma c’è una cosa che non è così semplice da spiegare. Il code-switching richiede tempi diversi a seconda delle circostanze. Proviamo a fare un esempio concreto per capire meglio il concetto. L’individuo x è in grado di parlare una lingua straniera (L2) con una buona capacità comunicativa. Il passaggio dalla lingua madre (L1) alla lingua straniera (L2) non è immediato e richiede tempi diversi che possono variare in base alla condizione fisica, mentale, all’argomento di discussione (se per esempio è un settore che utilizza termini di cui x non è esperto che vanno quindi spiegati), dell’uso da parte del suo interlocutore di una variante standard della L2 oppure di forme gergali, dialettali, e così via. Tutto questo implica, come dicevamo, che i tempi di passaggio siano fluidi.

Un altro fenomeno psicolinguistico curioso è quello che qui chiamerei “ricordo ritardato”. Anche quando si conosce bene un’altra lingua perché la si è usata spesso in passato, se l’uso attuale non è quotidiano, il ricordo attivo del lessico e delle forme di quella lingua, non è immediato quando si comincia a parlare in quella lingua, ma richiede tempi variabili. Faccio qualche esempio che riguarda le mie esperienze personali.

Nelle chiacchierate che avvengono con una certa regolarità su base settimanale con persone che utilizzano lingue diverse dalla mia lingua madre (perlopiù “insegnanti” diventati amici), mi capita all’inizio di non ricordarmi parole del tutto ovvie come le parti del corpo o gli oggetti di uso comune. Semplicemente, nei primi minuti di conversazione la mia memoria funziona malissimo a proposito di quella lingua. Immancabilmente, però, dopo qualche decina di minuti nei quali ho cercato di spiegare e sopperire alla mancanza di vocaboli con perifrasi, mi “torna la memoria” e, senza neanche più pensarci, uso termini specifici dei campi che conosce meglio, e le parole d’uso comune non sono più un problema.

Ci saranno certamente motivazioni neuropsicologiche complesse da capire, ma l’evidenza empirica si spiega in questa semplice constatazione: la “memoria” di una L2 sta da qualche parte là sotto, nel nostro cervello, non è svanita, e riaffiora in modo dilazionato nel tempo. L’uso più frequente e l’esercizio accorciano sempre più questi tempi, fino a renderli di qualche minuto, e quindi sostanzialmente innocui ai fini di una comunicazione efficace, ma in un qualche modo rimangono sempre.

Questo è uno dei motivi per cui alla domanda a freddo “sai come si dice ciambella?”, si rischia di scavare nella memoria con difficoltà e balbettare un “aspetta, lo so, ma non mi ricordo…”. “Ma se l’ultima volta discutevi di politica, ora non sai neanche come si dice ciambella?”.

Un pensiero su “Sai come si dice ciambella?

  1. Tincani Mauro ha detto:

    Spesso per ricordare una parola si fa uso di associazioni. Pensiamo allo “slalom” che deve fare il n/ cervello quando la “scelta” non è così immediata. Un lavoro enorme per un piccolo risultato . . . O grande ?!

    "Mi piace"

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