Note sul libro di David Cordingly, Storia della pirateria (Mondadori)
Quanto il mondo conservava qualche lembo di terra ignota, i ribelle, i reietti, i disadattati, gli infelici, potevano decidere di imbarcarsi verso l’ignoto e canalizzare così nel viaggio le proprie ansie, le proprie insoddisfazioni. Questa possibilità doveva avere una potente funzione catartica a noi sconosciuta in quest’epoca di geo-localizzazioni Google e visioni satellitari. Tra le possibilità di fuga vi era senz’altro la possibilità di diventar pirata e tentare la fortuna per i mari. Si trattava di una vita avventurosa e pericolosa, un’esistenza in balia di uomini senza scrupoli e sotto la costante minaccia della morte che poteva giungere per fame, naufragio, o per una palla di cannone sparata dalle navi che tentavano di respingere gli attacchi pirati e che, nel migliore dei casi, avrebbe potuto tranciarti di netto una gamba o un braccio. Continua a leggere “Corpo di mille balene”
Una graziosa giovane ragazza danza in modo scomposto e ridicolo davanti a una grotta. Un capannello di persone si raduna; divertiti, tutti la osservano. Lei pare in estasi, esibisce espressioni di follia e piacere allo stesso tempo, ride e si lamenta. Poi si denuda, prima mostrando solamente il piccolo e sodo seno e poi rilevando tutto il suo corpo in tutta la sua splendente nudità. Il capannello di persone continua a ridere. Tutti sono presi da una strana ilarità, la indicano, si tengono la pancia dal ridere. Ci siamo dimenticati di dire una cosa. L’avvenente ragazza ha uno specchio in mano rivolto verso l’interno della grotta. Il suo scopo è incuriosire un’altra donna che, scandalizzata dal comportamento insolente del fratello, si è rifugiata là dentro. Un semplice capriccio da signore viziate, se non fosse che quella là dentro e Amaterasu, dea del sole, e che la sua scomparsa ha determinato il buio universale. Hai detto niente. E anche la nostra selvaggia danzatrice, là fuori è una dea: Ame-no-Uzume. Cose che accadono tra gli dei. Pare di stare a un festino, e sono in ballo i destini universali.
Nel 1829 sull’Antologia di Firenze uscì un lungo articolo di Giuseppe Mazzini dal titolo programmatico: D’una letteratura europea. Il tono schiettamente giovanile e romantico dell’articolo non era però tale da pregiudicare una visione organica e ambiziosa di una cultura, quella europea, concepita con largo anticipo come unitaria e specchio di una comune civiltà. Mazzini giungeva alle sue considerazioni finali attraverso l’esposizione dei tratti salienti della storia europea. Pur innestandosi su una filosofia della storia di stampo tardo-romantico (lo sviluppo del “genio” dei popoli, la storia come processo di progresso tra avanzamenti e arresti), l’impianto interpretativo di Mazzini coincideva con quanto ancora oggi apprendiamo nelle scuole, rivelando così nella visione Mazziniana un approccio decisamente moderno. Ma entriamo nel merito.