La metafisica del gatto

Invito alla lettura di Wisława Szymborska

szCome aspirante polonista e slavista, avevo guardato sempre con un certo sospetto e pregiudizio l’opera di Wisława Szymborska. Il pregiudizio mi derivava dal fatto che se la poesia è – sfortunatamente – un fenomeno di nicchia, l’incredibile successo editoriale e mediatico dell’opera della Szymborska non poteva che essere un fenomeno di massa, e quindi di qualità discutibile. Ma di pregiudizio si trattava, come ho capito accostandomi all’opera della poetessa polacca, premio Nobel per la letteratura. Succede quindi che per motivi di studio (un corso monografico all’Università di Bologna), mi trovo costretto ad avvicinarmi all’opera della Szymborsa, in lettura diretta e approcciandomi alla critica sulla sua opera. Come si sarà capito dall’introduzione apologetica, ho dovuto ricredermi sul valore della poesia della Szymborska.

Non è mia intenzione fare un’analisi della sua poesia: la raccolta uscita in Italia per Adelphi, La gioia di scrivere, e talmente nota, che rischierei di essere superfluo e ripetitivo. Una scoperta affascinante e a tratti commovente, è stata quella della personalità della poetessa. L’opera critica, Szymborska. Un alfabeto del mondo, scritta da tre affermati polonisti, Andrea Ceccherelli (il docente dell’ateneo bolognese del corso sopracitato), Luigi Marinelli e Marcello Piacentini, fornisce certamente un primo quadro di riferimento, tra l’altro con un approccio originale e godibile, dell’opera della Szymborska. Ma è stata la biografia della poetessa, il libro di Anna Bikont e Joanna Szczęsna, Cianfrusaglie del passato. La vita di Wisława Szymborska, (tradotto sempre dal professor Ceccherelli che tra l’altro conobbe personalmente la poetessa), ad avermi fornito uno spunto “emotivo”, fondamentale per apprezzare la poesia e per comprendere l’autrice e la sua opera.

Donna umile, schiva nella società di massa, quanto affettuosa e socievole nella sua cerchia intima, Wisława Szymborska, ebbe una vita ordinaria e interessante allo stesso tempo. Vittima dell’illusione comunista della Polonia gravitante nell’orbita sovietica, rimase tuttavia per tutta la vita a suo modo idealista e fiduciosa nel genere umano.

La sua poesia delle piccole cose e dello stupore, per usare categorie critiche interpretative collaudate, si basava anche su una reale esistenza legata alla vita nel suo fluire concreto e nell’osservazione del particolare: stimava, su tutto, i rapporti umani, e fu capace di crearsi rapporti intensi e duraturi per tutta la vita. Mi sentirei di mettere direttamente in relazione questa vita vissuta “da dentro” con la sua poesia.

Dotata di grande ironia e autoironia, la Szymborska evitava di prendersi troppo sul serio; non si sentiva, neppure dopo il Nobel, una poetessa-vate; i grandi temi metafisici dell’esistenza umana (amore, morte, destino) erano da lei rivisti e rivissuti nel microcosmo del quotidiano. Forse è per questo che si spiega la sua incredibile fortuna editoriale, certo internazionale, ma in Italia veramente incredibile. La morte di una persona cara rivista attraverso gli occhi di un gatto che si aggira incredulo per un appartamento vuoto, sono il più efficace simbolo di questa riduzione modesta della metafisica al quotidiano.

La letteratura polacca gode di grande vitalità, come dimostrano i tanti Nobel degli ultimi decenni. Il valore di questa produzione, e i versi di Wisława Szymborska in particolare, non costituiscono un fenomeno legato al contesto di un solo paese e di una lingua, ma si fanno universali e rendono la Polonia un luogo importante di produzione della cultura europea. Nonostante la politica interna di questi anni del grande paese slavo sia così ostile alla dimensione europea.

E se in una letteratura per certi versi minore come quella Polacca (solo perché meno conosciuta) nascono opere di grande valore artistico, non varrà forse la pena di cercare di capire e penetrare più in profondità anche nelle tante lingue e culture che costruiscono la nostra Europa?

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